Predella n. 19, gennaio 2007
Alzi la mano chi (tra gli storici dell’arte, gli archeologi, i restauratori e tutte le altre figure professionali gravitanti attorno ai beni culturali e ambientali), all’indomani del risultato delle elezioni politiche dell’aprile 2006, non ha tirato un sospiro di sollievo per la vittoria del Centrosinistra. Alzi la mano chi non ha pensato che, finalmente, si sarebbe tentato di porre rimedio alle scelte del governo Berlusconi che, apportando sostanziali tagli alle spese per la cultura, aveva dimostrato l’incapacità di ripartire equamente i sacrifici e di capire quali sono le vere risorse per il futuro del Paese, ma soprattutto il livello infimo del fabbisogno culturale della classe politica. I dati parlano chiaro: questi riguardano la percentuale della dotazione finanziaria del Ministero per i Beni e le Attività culturali (Mibac) sul totale delle spese finali dello Stato negli ultimi cinque anni: 2001 = 0,61%; 2002 = 0,54%; 2003 = 0,55%; 2004 = 0,50%; 2005 = 0,45% (“Il Giornale dell’arte”, dicembre 2005). Con il disegno di legge finanziaria per il 2006 le dotazioni del Ministero erano state ulteriormente ridotte in vari modi e i tagli alla finanza regionale e locale avevano comportato altre significative riduzioni dei finanziamenti pubblici ai beni e alle attività culturali.